” L’altro è l’inconoscibile ” scriveva Barthes.
Ricordatelo quando mi poni sul tavolo chirurgico e con i bisturi tagli per penetrare nella carne. Ricordatelo quando mi leggi e analizzi ogni passaggio, ogni puntino di sospensione con la lente d’ingrandimento per capire chi io sono.
Ricordatelo quando mi trapassi con lo spillo per mettermi – le ali in croce – nella teca.
Facile guardare una lastra radiografica in controluce. Puoi vedere le mie ossa, non la mia anima.
Sono acqua che guizza: non puoi trattenermi nel cavo delle mani ad infinitum. Ogni mia traccia è impermanente. Solo impronte che si dissolvono alla prima pioggia. Non fossili da esaminare.
Ho un passo di gazzella quando salto e scrivo. Semplicemente fermo l’attimo fuggente. Mentre normalmente evapora nei meandri labirintici il tuo pensiero. Non sono incisioni perenni sulla pietra del mio pensiero.
Attimi e frammenti. Frammenti evaporanti di piccole gocce d’acqua al sole.
Così…
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